Il prossimo 8 novembre parte il Vendée Globe. Dietro questo nome dal dolce suono francese c’è il più tosto giro del mondo a vela. In solitario, senza scalo e senza assistenza. È di qualche ora fa la comunicazione che la Direzione della regata ha posizionato la Antarctic Exclusion Zone (AEZ), la Zona di Esclusione Antartica, ovvero i punti più a sud entro cui regatare. Tale limite è fissato prima di tutto per evitare che i navigatori si spingano verso le latitudini più alte rischiando in incappare in acque piene di growler, piccoli, piccolissimi iceberg, pezzi di ghiaccio alla deriva, che non sono rilevabili dagli strumenti, ma sono in grado di danneggiare gli scafi. E i foil che ormai 19 Imoca sui 33 partenti (un record) hanno in dotazione. In secondo luogo la Marina australiana chiede di non allontanare gli skipper oltre le 1000 miglia dalle sue basi per garantire la raggiungibilità in caso di naufragio. La determinazione della AEZ definisce anche la distanza del percorso per l’imminente nona edizione della regata.
Infatti più gli i regatanti girano vicini al polo e meno strada devono compiere per tornare al punto di Partenza: Le Sables d’Olonne, in Vandea (da cui il nome del trofeo). Nel 2020-21 serviranno 24.296 miglia nautiche, 44.996 km. Quasi 100 miglia in meno della scorsa edizione (2016-17) quando la distanza teorica del percorso fu di 24.394 miglia. Questa regata è difficile da ogni punto di vista. C’è molta più gente che ha partecipato alla Coppa America di chi ha osato compiere un’impresa del genere. Si dice che sia l’Everest della vela, ma a tornare a casa con le proprie forze sono stati molti meno di quelli che hanno raggiunto e hanno ridisceso la cima della montagna più alta del mondo. Tanto per capire: su 166 partenze totali dal 1989 a oggi, l’hanno chiusa solo in 89.
Al Vendée già è difficile arrivarci. Poi è difficile partire, gran parte degli abbandoni avvengono nei primi giorni quando le tempeste dell’autunno atlantico arrivano a frustare le coste nordoccidentali della Francia. È difficile arrivare alla fine ed è difficilissimo arrivare primi. Se arrivi primo è invece molto facile che tu batta anche il record di percorrenza. L’attuale detentore del tempo migliore è Armel Le Cléac’h che per compiere il giro a bordo di Banque Populaire 8 ha impiegato 74 giorni, 3 ore e 35minuti. Il Vendée si porta dentro storie incredibili, da sembrare leggende. Come quella di chi si è ricucito la lingua con il medico che assiste via radio. O di chi è riuscito, dopo un disalberamento dall’altra parte del mondo, a riparare l’albero, a riamarlo e a tornare a casa con il proprio 60’. Per la cronaca i due sono Bertrand de Broc nel 1992 e Yves Parlier nel 2000 e i due casi varrebbero un post a sé.
Sarebbe curioso sapere quanti italiani non velisti sanno di una regata del genere. Quanti sono i francesi, invece, lo so: 38 milioni. L’87% della popolazione tra i 16 e i 69 anni sa cosa è il Vendée Globe e quindi sa che cosa è la vela e cosa può significare in molti termini.
La vela, ma più in generale la nautica, è uno sbocco sportivo, ma anche tecnico: sono molte le professioni che vivono di nautica. Non solo gli atleti. E aprire gli occhi alle persone su ciò che la vela può voler dire anche in termini di possibilità di impiego non può fare che bene. Alla vela e alle persone. Certo, non è il Vendée che risolve l’occupazione in Francia, ma è il Vendée che fa vedere (ai francesi) che c’è chi progetta le vele, chi progetta gli scafi, chi i foil, chi costruisce alberi, chi progetta software di navigazione, chi le barche le attrezza, chi le porta in giro ecc. Uno sport così complesso da un punto di vista tecnico come la vela a questi livelli, con monoscafi di 60 piedi che navigano in foil per 74 giorni alla media di 12 nodi, è perfetto per mostrare le possibilità a un ragazzo in cerca di ispirazione. Non a caso, ben nove team in gara hanno sviluppato dei kit pedagogici espressamente dedicati agli insegnanti dei ragazzi delle scuole elementari e medie. A partire dalla regata e dalla barca in gara ognuno dei team ha puntato su alcuni aspetti educativi e su diversi percorsi di apprendimento e scoperta. Gli argomenti sono i più disparati.
Tanto per dare un riferimento. Nella presentazione del suo kit Apivia, la società di previdenza che sponsorizza l’omonimo Imoca di Charlie Dalin dichiara così: «I vostri studenti scopriranno cos’è una barca a vela e come funziona; saranno sfidati a costruire la propria barca!
- Seguiranno Charlie per tutta la regata e navigheranno intorno al mondo imparando ad usare un globo, un planisfero… e anche un calendario di regata!
- Scopriranno cos’è un diario di bordo e parteciperanno a un concorso che promuove la scrittura e la creatività!
- Scopriranno le regole di uno stile di vita sano, per essere in forma come Charlie!
- Si impegneranno a favore del pianeta e raccoglieranno la sfida di ridurre l’impatto ecologico della loro scuola!
- E infine, realizzeranno un’azione di solidarietà, a beneficio dell’associazione Petits Princess (Piccoli Principi), per realizzare il sogno di un bambino malato!». Ecco, questo è uno, ce ne sono altri 8, ognuno con le proprie particolarità. Capite perché in Francia la vela è una cosa diversa? .